Negli ultimi mesi la stampa e le televisioni di tutto il mondo hanno riferito dei gravi episodi di malattia che hanno interessato diverse specie animali, in particolare ruminanti, suini e volatili.
Per i primi, oltre alla grave problematica della BSE (Encefalopatia Spongiforme Bovina) nelle ultime settimane la comparsa dell’afta, malattia altamente contagiosa che colpisce tutti gli animali ad “unghia fessa”, ha comportato l’abbattimento di migliaia di capi e drastiche misure nella movimentazione degli animali per impedire la diffusione della malattia .

Nel caso dei volatili, invece, nonostante le drastiche misure igienico sanitarie adottate e l’abbattimento di numerosi animali durante l’epidemia di influenza aviaria, a distanza di alcuni mesi si sono ripresentati alcuni focolai di malattia, che stanno tutt’oggi ostacolando l’attività produttiva di questo importante settore della zootecnia italiana. Questa premessa ha lo scopo di introdurre un argomento, quello delle misure di igiene e profilassi applicate all’allevamento degli animali, che interessa ovviamente anche il settore dell’acquacoltura. Alcuni concetti sono validi per tutte le tipologie di produzione zootecnica, come ad esempio il controllo della movimentazione degli animali e degli automezzi, mentre altri sono peculiari del settore ittico. Il complesso di misure igienico sanitarie, comportamentali e profilattiche volte ad impedire o limitare al minimo l’introduzione di agenti patogeni potenzialmente responsabili di malattia negli animali va sotto il nome di “procedure di biosicurezza”.
Per poterle prendere in considerazione in maniera dettagliata vale la pena riflettere, caso per caso, sui seguenti punti critici nella gestione sanitaria di un allevamento ittico:
1. approvvigionamento idrico dell’azienda;
2. ubicazione dell’allevamento;
3. conduzione dell’azienda;
4. movimentazione degli animali, dei mezzi e delle persone;
5. gestione delle attrezzature;
6. presenza di animali indesiderati;
7. profilassi vaccinale.


1) APPROVVIGIONAMENTO IDRICO DELL’AZIENDA.
Fermo restando che le acque di pozzo o di risorgiva sono solitamente, malattia da gas o presenza di metalli a parte, le migliori per l’allevamento d’acqua dolce, nel caso di acque di derivazione si possono, e in alcuni casi si devono, adottare mezzi di trattamento delle acque che vanno dalle semplici vasche di decantazione all’utilizzo di filtri meccanici, biologici o all’applicazione di raggi U.V. ed ozono. Ovviamente, a parte le scelte obbligate determinate dalla tipologia dell’impianto (ad esempio avannotterie) un calcolo costi/benefici potrà influenzare il tipo di scelta ma, essendo l’approvvigionamento idrico basilare nella conduzione dell’azienda e spesso una via di entrata di numerosi patogeni, bisognerà valutarlo con la massima attenzione.

2) UBICAZIONE DELL’ALLEVAMENTO
Qualora si decidesse di costruire un nuovo impianto, sia esso d’acqua dolce che marino, oltre ad individuare la zona ideale per la tipologia di allevamento che si vuole intraprendere, non bisognerà dimenticare alcuni concetti base di biosicurezza:
• evitare zone con eccessiva densità di allevamenti e ad alta densità di traffico;
• evitare zone a rischio di inondazioni;
• evitare la vicinanza a grossi insediamenti urbani o industriali;
• evitare la promiscuità con allevamenti di altre specie e/o industrie di lavorazione di prodotti di origine animale.
Per altre specie si intendono non solo quelle ittiche, onde evitare il ripetersi di episodi analoghi a quanto verificatosi nel nord europa con l’anemia infettiva del salmone, diffusasi anche per la presenza di stabilimenti di trasformazione del pesce in prossimità di gabbie galleggianti, ma anche altre specie animali. Grossi allevamenti bovini o suini, ad esempio, possono contaminare le falde o le acque superficiali non solo con sostanze potenzialmente tossiche (residui di farmaci, metalli pesanti,ecc.) ma anche con microrganismi potenzialmente pericolosi per i pesci (ad esempio A. hydrophila, Enterococchi, Streptococchi, Vibrioni, ecc.).

3) CONDUZIONE DELL’AZIENDA

Così come a livello industriale esistono le Good Manufacture Practices (Buone Pratiche di Produzione) e a livello laboratoristico esistono le Good Laboratory Practices (Buone Pratiche di Laboratorio) anche in acquacoltura da alcuni anni esiste un codice di condotta responsabile dell’allevamento che, mi si consenta l’analogia, potremmo anche definire Buone Pratiche di Allevamento. Nell’ambito della conduzione di un’azienda, da un punto di vista sanitario, bisognerà osservare scrupolosamente i seguenti punti.
• Evitare sovraffollamenti inutili che, oltre a creare stress nell’animale, facilitano la diffusione dei patogeni. In tutte le specie animali, uomo compreso, la concentrazione eccessiva di soggetti favorisce il contagio delle malattie infettive.
• Curare l’alimentazione, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo, evitando eccessi alimentari e attenendosi alle istruzioni impartite dalle ditte specializzate del settore. Un fattore spesso sottovalutato, inoltre, riguarda la non corretta conservazione del mangime, che può perdere le proprie capacità nutrizionali o peggio ancora contaminarsi con muffe e micotossine se non conservato adeguatamente (luoghi asciutti, ventilati e possibilmente freschi).
• Formare e soprattutto coinvolgere il personale: una buona formazione di base sulle procedure di biosicurezza garantisce molto meglio che non l’utilizzo, magari a sproposito, di disinfettanti, antibiotici o vaccini.
• Informatizzare l’azienda: un controllo automatico e in continuo di alcuni parametri dell’acqua (ph, ossigeno, temperatura) o la distribuzione automatica del mangime possono ridurre notevolmente i rischi di focolai di malattia e i costi di produzione.

4) MOVIMENTAZIONE DI MEZZI, ANIMALI E PERSONE.
Senza voler sminuire gli altri punti critici, va sottolineata l’importanza della movimentazione di cose e/o persone nella diffusione delle malattie infettive. Senza arrivare all’estrema diffusibilità di malattie come l’afta, che può diffondersi tramite il vento e le piogge a diversi chilometri di distanza dal focolaio in atto, anche in acquacoltura le malattie virali, batteriche e parassitarie si possono diffondere a macchia d’olio se non si osservano le più banali ma rigorose misure di prevenzione.
• Introdurre animali di provenienza certa e monitorati da un punto di vista sanitario: ciò non vuol dire essere totalmente diffidenti o prevenuti nei confronti del venditore, ma individuare un protocollo comportamentale e di analisi da applicare ogni qualvolta si introducano animali nuovi.
• Applicare, nei limiti del possibile, una quarantena di almeno 15-20 gg. sulle nuove partite o comunque evitare di mescolarle immediatamente ai soggetti già presenti in allevamento, soprattutto se si tratta di riproduttori di pregio.
• Tenere aggiornati i registri di carico/scarico delle partite e segnalare le mortalità in atto con costanza e regolarità, al fine anche di facilitare la diagnosi al responsabile sanitario dell’azienda.
• Evitare visite inutili all’impianto (anche il postino o l’operaio del gas) e soprattutto che il proprio personale lavori in diversi impianti. Nel caso ciò non fosse possibile, l’uso di calzari monouso per gli ospiti oppure il cambio completo di indumenti e calzature per gli operatori dell’allevamento garantiscono un abbattimento notevole dei rischi sanitari.
• Predisporre bagni podalici con iodofori o ipoclorito di sodio all’ingresso delle diverse unità produttive, rinnovando periodicamente, in base alle istruzioni delle ditte fornitrici, la soluzione disinfettante. A tal riguardo è da sottolineare come la cattiva abitudine di immergere le mani in più vasche, soprattutto a livello di avannotterie ed incubatoi, costituisce un elevato rischio di trasmissione delle malattie: il pericolo si riduce notevolmente predisponendo delle soluzioni disinfettanti oppure semplicemente lavandosi con acqua e sapone le mani.

5) ATTREZZATURE
Effettuare una costante manutenzione, pulizia e disinfezione delle vasche: depositi di calcare, crepe, eccessivo sedimento sono tutti fattori negativi che possono favorire l’attecchimento dei patogeni. Laddove il ciclo produttivo lo consenta, accurate pulizie e disinfezioni (vedi API Informa n. 9/2000) possono ridurre notevolmente la carica infettante e quindi il rischio di malattia.
Usare attrezzature dedicate per ogni settore o linea produttiva.
Disinfettare retini, secchi, vasche, setacci, ecc. con:
• iodofori (250 ppm)
• ipoclorito di sodio (200 ppm)
• sali quaternari d’ammonio (200-400 ppm)
• oppure altri disinfettanti specifici disponibili in commercio.

6) PRESENZA DI ANIMALI INDESIDERATI.
Normalmente quando si parla di animali indesiderati si pensa immediatamente agli uccelli ittiofagi, ed in effetti la loro presenza può incidere pesantemente da un punto di vista economico per la perdita diretta di centinaia se non migliaia di soggetti. La possibilità, inoltre, che durante le loro battute di “pesca” possano trasportare pesci o parti di essi da un allevamento infetto ad uno vicino indenne da malattia, è favorita anche dal fatto che i primi soggetti ad essere catturati sono quelli più deboli e defedati che difficilmente riescono a sfuggire a questi voraci predatori.
Oltre agli uccelli ittiofagi altri volatili (piccioni, merli, passeri, oche, cigni, ecc.) o mammiferi (roditori, volpi, faine, ecc.) possono fungere da vettori passivi di malattie, alcune delle quali potenzialmente pericolose per l’uomo (ad esempio salmonellosi e leptospirosi).
Da un punto di vista igienico – sanitario, inoltre, anche l’eccessiva promiscuità tra pesci e animali domestici, soprattutto cani e gatti, rischia di diventare pericolosa, in quanto tali animali si immergono in acqua e passando da una vasca all’altra dell’impianto fungono anch’essi da vettori passivi.
In conclusione, quindi, oltre ai dispositivi antiuccello (reti, fili, cannoncini ad aria compressa, spaventapasseri, ecc.) sarebbe bene allontanare gli animali domestici e selvatici sopra citati ed effettuare delle derattizzazioni programmate e non sporadiche.
A livello di avannotterie ed incubatoi, inoltre, risultano molto importanti le disinfestazioni periodiche nei confronti di mosche, zanzare, moscerini ed altri insetti che, già per il fatto di essere presenti in numero eccessivo, sono sinonimo di scarsa pulizia ed igiene.

7) PROFILASSI VACCINALE.

In merito alle vaccinazioni, si rimanda ai numeri 3/2000 e 4/2000 di API Informa in cui il Prof. Giorgetti ha trattato in maniera esauriente l’argomento. Come unica considerazione personale, mi limito a sottolineare l’importanza delle misure igienico-sanitarie descritte nei punti da 1 a 6 in quanto fondamentali per la buona riuscita di qualsivoglia trattamento vaccinale. Vaccinare animali stressati, defedati o peggio ancora ammalati equivale a buttare via i soldi del vaccino riducendone drasticamente l’efficacia.
Tutte le norme di profilassi che ho elencato sono importanti e tra loro complementari, nel senso che nessuna di esse è indispensabile, ma la loro efficacia è tanto maggiore quanto maggiore è lo scrupolo e soprattutto la costanza con cui si applicano.
Anche l’apparente eccessiva onerosità di alcune operazioni sarà immediatamente controbilanciata dalla minore spesa legata alla minore mortalità, alla miglior conversione del mangime e alla riduzione del costo di trattamenti terapeutici. Il tutto, inoltre, comporterà un ritorno di immagine positiva nei confronti dell’opinione pubblica che vedrà l’allevatore di pesce come una persona responsabile sempre più
attenta al benessere animale, all’impatto ambientale e alle esigenze del consumatore relativamente alla qualità del prodotto finale.

Dott. Amedeo Manfrin
I.Z.S. delle Venezie (Legnaro- PD)