Tra le parassitosi che si rinvengono nei pesci allevati assume particolare importanza la tricodiniasi.
Questa patologia è sostenuta da parassiti che appartengono a tre principali generi Trichodina, Trichodinella e Tripartiella (Fig. 2). Sono composti da una singola cellula (sono infatti Protozoi) e si riproducono per scissione binaria e non producono cisti. Sono inoltre considerati appartenenti alla classe dei Ciliati, poiché sono caratterizzato da ciglia orali per la locomozione e per filtrare le sostanze sospese nell’acqua.
Possono raggiungere fino a 100 μm di diametro e osservati a livello laterale hanno una forma simile ad un “disco volante” con una cintura di ciglia che determina un movimento circolare caratteristico (Fig. 1), ventralmente presentano un apparato per l’adesione dotato di una corona di dentelli (Fig. 2). Servendosi di questa struttura il parassita riesce a fissarsi nell’epitelio dell’ospite, dove si nutre di batteri o materiale organico in sospensione utilizzando il pesce come veicolo, pertanto sono da considerarsi prevalentemente degli ectocommensali. Tuttavia se la concentrazione di materiale organico è elevata e si manifestano fattori stressanti per il pesce, questi ciliati possono moltiplicarsi e creare rilevanti problemi per l’ospite. Alcuni studiosi hanno sottolineato come alcune specie di Trichodina vivono soprattutto sulla superficie del corpo, altre prediligono le branchie, mentre alcuni hanno entrambe come sedi di elezione. Esistono anche specie che possono parassitare le cavità di alcuni organi interni come: cavità nasale, vescica urinaria, tubuli, ovidutti. Sembra che le forme più piccole (tricodinella e tripartiella) siano potenzialmente più patogene per la probabilità di determinare lesioni penetranti nell’epitelio.

Il pesce affetto presenta lesioni cutanee sparse lungo tutto il corpo, ma soprattutto nel dorso e in vicinanza della testa, probabilmente provocate dalla irritazione in seguito all’adesione e all'attecchimento del parassita. I primi sintomi nell’ospite sono rappresentati da una reazione ipersecretoria di muco, da perdita di squame, da piccole perdite di sangue e dalla formazione di puntini bianchi.
Il periodo di incubazione è breve e gli animali affetti non si alimentano, sono letargici o mostrano segni di insofferenza respiratoria, quando vengono colpite le branchie in modo massivo. Infatti nel caso in cui vengono parassitate le branchie si osserva oltre alla iperproduzione di muco, anche una crescita dell’epitelio della lamella branchiale. Accanto a questi parassiti si può rilevare la presenza concomitante di altri parassiti che hanno uno spiccato tropismo per l’apparato respiratorio come: Chilodonella, Dattilogyrus, Ergasilus o anche di infezioni batteriche.

Probabilmente questi patogeni, o alcuni fattori ambientali stressanti creano le condizioni favorevoli all’instaurarsi di infestioni da Trichodina.
La mortalità dipende dal carico infestante del patogeno e dall’età dei pesci colpiti, si possono osservare gravi episodi di mortalità soprattutto in avannotti di trota e di larve.
La diagnosi clinica si basa sull’osservazione dei segni clinici e sull’esame microscopico a fresco di raschiati di cute e branchie. I parassiti osservati microscopicamente evidenziano un caratteristico moto a trottola. In prospettiva ventrale si può osservare la tipica corona di uncini.

L’insorgenza di questa parassitosi è spesso associata a condizioni di stress e a una gestione d’allevamento non idonea. La presenza di questa patologia è infatti correlata alla presenza di cattive condizioni igieniche, tanto che alcuni ricercatori hanno sperimentato l’uso di questa comunità di protozoi come potenziali bioindicatori della qualità dell’acqua di un corpo idrico. In recenti studi è stato infatti dimostrata la presenza di infestioni massive di Tricodina spp. con l’aumento della concentrazione di effluenti di tipo organico.
Ecco quindi che, come per altre parassitosi il controllo della tricodiniasi viene effettuato attraverso un miglioramento delle condizioni ambientali, soprattutto attraverso un maggior ricambio idrico, poiché al momento l’impiego di disinfettanti (tra i quali: formalina al 37-40%, nei salmonidi nel dosaggio di 200 ppm/1 ora per 3 volte a distanza di 48 ore, per alcuni pesci ornamentali e ictaluridi, come ad esempio il pesce gatto, si è invece dimostrato di ausilio il cloruro di sodio all’1% per 20 - 30 minuti) non sono legalmente autorizzati.

Dott.ssa Antonella Magni
Dott.ssa Sandra Zanchetta
Centro di Referenza Nazionale
per le Ittiopatologie