A conferma dei timori già espressi da Lega Pesca negli scorsi mesi, cresce di giorno in giorno la tensione, in particolare nelle marinerie venete dell’Alto Adriatico,

dove  dal  1 ottobre  si sarebbe dovuta riaprire, come da calendario, la campagna di pesca dei cannolicchi con draghe idrauliche: mestiere reso però di fatto impraticabile in base alle nuove distanze minime dalla costa, prive di dignità scientifica, in vigore dal  1 luglio ai sensi del  regolamento UE sulla pesca mediterranea.

Nel rilanciare l’allarme, il presidente nazionale dell’Associazione, Ettore Ianì, denuncia le gravissime ripercussioni di questa situazione, che coinvolge anche marinerie del Tirreno laziale: la pesca dei cannolicchi rappresenta una alternativa alla crisi del comparto vongole, colpita recentemente da ripetute morie, e contribuisce peraltro a diminuire lo sforzo di pesca su questa specie. Colpire la pesca dei cannolicchi significa acuire la crisi, già aspra, dell’intero settore molluschi, innescando peraltro ripercussioni negative sullo stato complessivo delle risorse. I banchi naturali di cannolicchi non sono risorse in sofferenza, ma hanno il “difetto” di essere concentrate in prossimità della costa, circostanza di cui il Regolamento comunitario non tiene minimamente conto. In quanto risorse non condivise con altri Stati, vi è la possibilità per l’Italia di adottare un Piano di gestione che consenta l’esercizio della pesca compatibile con lo sfruttamento sostenibile della risorsa e con gli obiettivi della politica comune della pesca.

In questa direzione andava il Piano presentato alla Commissione europea dal Ministero nel 2009, che proponeva la delega della gestione della pesca dei molluschi bivalvi ai Consorzi di gestione (Cogevo), ma che è stato oggetto di richieste di modifiche ed integrazioni da parte dell’Unione Europea, che hanno dilatato i tempi per una positiva soluzione della vicenda, ormai non più rinviabile.  Il grave disagio dei pescatori oggi impone un intervento tempestivo e risolutivo, incalza Ianì, che dia certezze agli operatori, per non spingerli ad operare ai margini della legalità, e al rischio di pesanti sanzioni, come unica alternativa per non subire il definitivo tracollo dell’attività d’impresa. E’ indispensabile lavorare per accellerare il disco verde di Bruxelles al Piano di gestione italiano ,  conclude Lega Pesca, senza escludere nel contempo, come emerso anche nel corso dei un incontro ministeriale, l’opportunità di inoltrare una richiesta di modifica dell’art. 13 del Regolamento 1967/06 (Regolamento per la pesca in Mediterraneo), che preveda un aggiornamento dei limiti operativi dalla costa.